Chiara e... la missione

Che cosa c’entra S. Chiara, monaca reclusa e dedita ad una vita di contemplazione e preghiera, con la missione? Ci verrebbe da rispondere: poco o niente, eppure…

L’ideale missionario nel Medioevo, e in particolare nel movimento francescano, era vivo, avvolgeva e coinvolgeva persino la comunità di Chiara e le sorelle!

La Madre Chiara, che sempre vibrava all’unisono con il cuore di Francesco, lo seguiva e lo accompagnava con le sue preghiere e sacrifici nell’intento missionario, ormai parte integrante dell’ideale francescano. Infatti già nel 1213 S. Francesco si recava in Spagna per predicare la fede ai saraceni e nel 1219 salpava per l’Oriente a proclamare il Vangelo davanti al sultano al-Malik-al-Kamil mostrando, in tempo di crociate, che l’incontro e l’amicizia con chi è diverso da noi è un’esperienza possibile e arricchente.

E che dire dei cinque frati inviati in Spagna e Marocco a vivere e predicare il Vangelo tra i saraceni e uccisi in nome della fede? Il padre San Francesco, scosso da una misteriosa mescolanza di dolore e giubilo, esclamò: “Ora posso dire di avere cinque veri Frati Minori”. E non possiamo non citare la vicenda del canonico Fernando, divenuto poi il grande Antonio di Padova che, incontrati quei cinque Frati Minori, desiderava ardentemente unirsi a loro per giungere anch’egli in Marocco a predicare la fede.
 
I frati, sparpagliandosi “due a due”, annunciavano la buona Novella in tutta Europa e oltre, raggiungendo la Tunisia, il Marocco, l’Egitto, la Siria e la Palestina e, mentre si diffondevano nel mondo, le Damianite respiravano un’aria di coinvolgente ebbrezza missionaria. Con un po’ di “reale fantasia” possiamo immaginarci Francesco e i suoi compagni recarsi a San Damiano per affidare alle preghiere di Chiara e le Sorelle le partenze missionarie; o possiamo fantasticare pensando ai racconti avventurosi dei ritorni, che le Sorelle aspettavano con ansia. 
 
Crediamo che questo sia il clima familiare in cui, poco a poco, Chiara vide aprirsi davanti ai suoi occhi una possibilità che forse mai avrebbe immaginato. Lei, la consigliera di Francesco, che chissà quanti racconti missionari aveva raccolto e ascoltato, ora si sarebbe recata personalmente in Marocco! Era così convinta che, rapidamente, organizzò un gruppetto di sorelle anch’esse desiderose di annunciare il Vangelo e far tesoro dell’incontro con un mondo altro e diverso dalla realtà cristiana del Medioevo italiano. Ne abbiamo notizia certa da Sora Cecilia, figliola de messere Gualtieri Cacciaguerra da Spello, da quarantatré anni nel monastero di San Damano; la sorella della prima ora racconta: “Madonna Chiara era in tanto fervore de spirito, che volentieri voleva sostenere el martirio per amore del Signore: e questo lo dimostrò quando, avendo inteso che nel Marocco erano stati martirizzati certi frati, essa diceva che ce voleva andare.” (Proc 6,6: FF 3029). Siamo certi di questo desiderio di Chiara perché anche Sora Balvina, da trentasei anni e più nel monastero, racconta il medesimo sogno della Madre (Proc 7,2; FF 3042).
 
Però né Francesco, e probabilmente neanche il Cardinale Ugolino, permisero la realizzazione di un desiderio così audace; la malattia che sopraggiunse e rese Chiara inferma fino alla morte fu, senza’altro, il sigillo che confermò la volontà del padre Francesco e della Chiesa.
 
Nonostante il diniego, le brame apostoliche e missionarie di Chiara e le Sorelle non si spensero affatto, ma invasero l’intero Ordine, ormai diffusissimo, in cui nacquero impulsi incontenibili di espansione missionaria.
 
Già nel 1269, pochi anni dopo la morte di Chiara, morirono per mano dei tartari niente meno che sessanta monache nel monastero di Zawichost, in Polonia, con in prima linea la loro Madre sr. Agnese Yastrzebska. A metà del XIII secolo si conosce la vicenda di monache Clarisse in paesi musulmani come la Siria. Sappiamo che, almeno dal 1257, alcune Clarisse vivevano ad Antiochia in Siria; l’intera comunità subì il martirio tramite decapitazione per mano del sultano al-Malik-Saher-Bibars I.

Siamo al corrente della presenza, almeno dal 1255, delle Clarisse di Tripoli, in Libano, martirizzate dal sultano Kalaaum, detto al-Melik-al-Mansur nel 1289 perché non vollero rinunciare alla loro purezza e verginità. Degno di nota è l’aneddoto che coinvolse l’Abbadessa sr. Lucetta, risparmiata perché bellissima e intelligente, nella speranza che si convertisse all’Islam. Uno dei capi dell’esercito maomettano si innamorò follemente di lei. Ma Lucetta, per liberarsi dal pericolo che la minacciava, parlò al capitano di un incantesimo che lei conosceva e di alcune parole magiche che bastava pronunciare per liberarsi dalla morte. E lo invitò a provare la magia su di lei tagliandole il collo con la sua scimitarra. Il capitano musulmano, lasciandosi convincere, le tagliò la testa, mentre sr. Lucetta recitava l’Angelus.
 
Anche le Clarisse di Acco (San Giovanni di Acri o Tolemaide, in Palestina) nel 1291 subirono il martirio in numero di settantaquattro. Le sorelle chiesero esse stesse di essere decapitate purché non venisse oltraggiata la loro verginità. Morirono decapitate in ginocchio recitando la Salve Regina. Narra anche la leggenda che le monache, su esortazione ed esempio dell’Abbadessa, avrebbero sfigurato i propri visi, tagliandosi il naso, per non essere violentate.
 
Nonostante queste dolorose, se pur encomiabili, esperienze, i monasteri di Clarisse non smisero mai di moltiplicarsi nel tempo e nello spazio, a significare che l’ardente desiderio missionario insito nel carisma dell’Ordine dei Frati Minori non è per nulla estraneo al carisma delle Sorelle Povere, anzi ne è parte integrante fino a plasmarne l’esistenza!
 
A cura del Monastero "S. Agnese" di Montone PG

Foto: Le nostre Clarisse del Monastero di Ecatepec, Città del Messico

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